Apprendimento

Bambini: Curiosità e autonomia – come imparare con successo

Continuiamo a spingerci in avanti, aprire nuove porte e fare cose nuove,
perché siamo curiosi e la curiosità continua a guidarci in nuovi percorsi
- Walt Disney

Cosa vi ricordate dagli anni a scuola? Poco e niente, direte. Magari avete imparato a leggere, scrivere e a fare due conti (anche se vedendo cosa circola su facebook ho dei dubbi) e vi ricordate qualche nome o qualche data dalla storia.

Ma perché proprio quel nome e quella data e non un'altra?

C’era qualcosa nella loro storia che vi ha colpito, che vi ha ricordato di qualche fatto nella vostra vita, che vi ha incuriosito? Perché alcune cose ricordiamo meglio e altre vanno perdute nelle foreste del nostro cervello?

Impatto e Ricordo

L'impatto di un evento incide moltissimo sulla qualità del ricordo.

Esempio tipico: probabilmente ti ricordi cosa stavi facendo l'11 settembre 2001, quando sono andate giù le Torri Gemelle. E' altrettanto probabile che non ricordi invece cosa hai fatto l'11 settembre di quest'anno, anche se è molto più vicino temporalmente

Questa cosa la sanno da sempre gli studenti di mnemotecniche che associano scene ridicole ed esagerate alle sequenze da ricordare.

Con i nostri bambini si può giocare facilmente la carta della curiosità, dato che i cuccioli di umano hanno questa dote spiccatissima.

Cos’è la curiosità?

Gli scienziati faticano a definirla in maniera univoca, dato che è un concetto veramente ampio. Dipende da molti fattori, spesso individuali.

Il vocabolario la definisce così:"Gusto, piacere di accrescere il proprio sapere, di fare nuove esperienze"

La definizione di curiosità che dà Wikipedia mi piace di più: "La curiosità è un istinto che nasce dal desiderio di sapere qualcosa.

La curiosità è un comportamento o un istinto, di natura abituale o episodica, caratteristico dell'uomo ma diffuso anche in alcune specie animali, atto a soddisfare un desiderio inquisitivo circa la natura di un oggetto o di un fenomeno. È un aspetto emozionale che, riguardando l'esplorazione, l'investigazione e l'apprendimento, descrive un numero non ben conosciuto ed identificato di meccanismi e comportamenti psicologici che hanno come fine il placare l'impulso degli esseri viventi a trarre informazioni ed interagire con l'ambiente.

Considerato un comportamento positivo sia dalla scienza che dall'intelligenza, rappresenta un istinto che guida alla scoperta di nuove informazioni, il carburante della scienza e delle discipline dello studio umano." (wikipedia)

Alcuni dicono che la curiosità è un tratto della personalità, come l'essere introverso o estroverso.

Di sicuro è un tratto che promuove lo studio, aiuta a motivarci, a prestare attenzione e imparare. Se un nuovo argomento è introdotto con entusiasmo da parte dell’insegnante (pre-framing), se si lega in qualche modo con dei fatti della nostra vita (affinità), se tocca le nostre passioni (emozioni), è molto più probabile che attirerà la nostra attenzione e ci rimanga nel cuore (e nella memoria).

Lo dice anche la scienza

In una ricerca eseguita da 3 ricercatori (Matthias J. Gruber, Bernard D. Gelman e Charan Ranganath) del 2014 viene usato fMRI per capire - scientificamente - quanto la curiosità possa influire sulla memorizzazione.

I risultati sono ovviamente sorprendenti: non soltanto un "curiosity state" aumenta il ricordo della materia studiata ma anche di moltissime cose che sono incidentali allo studio.

Questo spiega anche perché, quando vado su Wikipedia per cercare l'anno in cui Napoleone è diventato Imperatore, mi trovo 3 ore dopo a leggere la pagina sull'art-deco in Lituania... e giorni dopo mi ricordo ancora tutto :-)

Più dettagli dello studio li trovi qui

Scoperta dell'acqua calda quindi?

Sembrano cose molto ovvie, ma quanti insegnanti usano queste scoperte nel loro lavoro quotidiano?

Ormai nelle scuole i bambini vengono guidati nei più piccoli dettagli.

Gli si dice a cosa “interessarsi” da un’ora ad altra. A cosa non prestare attenzione adesso. Si insegna loro a seguire comandi, ma non a pensare per se, a fare domande.

Autonomia: Come fare per avere studenti curiosi di imparare?

La teoria di self-determination dice che ognuno di noi ha un'innata inclinazione ad essere curioso circa il nostro ambiente e ad essere interessato a studiare e ampliare le proprie conoscenze. Il ruolo dell’insegnante dovrebbe quindi essere quello di dare supporto a questa innata curiosità e promuovere il naturale flusso di studio.

Anche in questo caso esistono quintali studi a riguardo, ne indico due per chi vuole approfondire:

In entrambi il succo è lasciare che gli studenti abbiano autonomia, la scelta nel come, quando e cosa studiare.

Purtroppo, oggi in tanti sistemi educativi l’autonomia viene tolta agli studenti e sostituita dai sistemi di controllo che soffocano la naturale voglia di imparare.

Invece tutti abbiamo il bisogno di sentirci liberi di fare le nostre scelte, ma anche competenti e al nostro agio nell' ambiente educativo (e non solo).

Il micro-managing, già stressante per un adulto, sta diventando la norma anche per i bambini: sembra che più che insegnare a imparare stiamo insegnando a essere dei buoni colletti blu.

E questa cosa ci è inculcata così profondamente che non vediamo nemmeno altre possibilità di apprendimento.

La domanda è quindi: Siamo sicuri che questo metodo di insegnamento sia l'unico e il migliore per apprendere?

Come promuovere l’autonomia nei nostri figli (se li avete)?

Ci sono degli studi che indagano sui modelli genitoriali che favoriscono lo sviluppo di curiosità, attenzione e innata motivazione nei bambini.

Nel 2009 Barbara Rogoff e Maricela Correa-Chavez hanno condotto un semplice esperimento su 80 bambini provenienti da due distinti ambienti:  Guatemaltesi/Messicani di origine Maya e Americani caucasici.

Mentre un bambino era coinvolto con un insegnante a imparare come funziona un giocattolo, un altro bambino aspettava il suo turno. I ricercatori si sono concentrati sul bambino che doveva aspettare. Volevano capire se nel frattempo il bambino si distraeva, si annoiava, si occupava di altro o se prestava attenzione a cosa faceva il primo bambino con l’insegnante.

Hanno scoperto che i bambini Maya erano due volte più attenti a cosa succedeva al banco a fianco.

Avevano più curiosità? Più voglia di imparare? Più motivazione? Più largo span di attenzione? Probabilmente tutte queste cose.

Da dove nasceva questo stato di "curiosità"? Gli studi hanno rivelato che dipende dall'autonomia che veniva data a questi bambini dai loro genitori.

Barbara Rogoff ha trascorso vari anni a studiare le famiglie native (Maya) in Mexico. Ha notato che i bambini hanno tantissima libertà, di muoversi, di fare, di vedere gente.

Questo non vuol dire che fanno come gli pare. Hanno sempre tanti compiti da fare in casa (molti più di un bambino bianco americano), ma quello che cambia è che possono decidere da soli quando svolgerli. I genitori credono che dare ai figli l’autonomia e libertà di decidere per sé li aiuti a sviluppare la motivazione, il senso di responsabilità e, infine, di poter provare soddisfazione.

La soddisfazione nasce dalla sensazione di essere competenti, indipendenti e in grado di far succedere le cose. In questo modo i bambini Maya, al confronto dei bambini americani, hanno tanta più possibilità di sviluppare l’autonomia, di prendere decisioni per sé stessi e di scegliere a cosa prestare attenzione.

E se non siamo dei nativi Maya, ma vogliamo dare autonomia ai nostri figli?

Nel nostro mondo occidentale, questa autonomia ormai è diventata una cosa da fiaba.

Ormai tutte le scelte vengono fatte dai genitori: che corsi seguire e quando, con chi giocare, che programmi tv guardare, che libri leggere, che sport praticare, ecc.....

Certo, spesso questo controllo totale e microtasking è dovuto alle restrizioni che ci pone il nostro ambiente.

La vita è piena di pericoli, non ci immaginiamo neanche di poter lasciare i nostri figli andare dove gli pare. Ci deve essere un adulto che li accompagna ovunque. Vi ricordate l'articolo del 2015 in cui parlavamo di "Come i bambini hanno perso la facoltà di esplorare" ?

Poi ci sono le restrizioni dovute al fatto che lavoriamo, che abbiamo altri impegni, che il tempo stringe. E così ogni ora deve essere pianificata, non si lasciano tempi vuoti, bisogna sfruttare ogni momento (non è così, milanesi?)

Il bambino impara che può anche non ricordarsi cosa doveva fare, perché c’è sempre un genitore che gli gestisce la giornata.

Autonomia a scuola. L'esperienza del Metodo Montessori

Esiste un sistema educativo che permette ai bambini di essere autonomi.

È il metodo Montessori ed esso si applica sia a casa che a scuola.

Per le basi del suo metodo, Maria Montessori è partita dallo studio del bambino e del suo sviluppo naturale, dal conoscere i suoi bisogni e modi di apprendimento in ogni momento della sua crescita.

Il metodo Montessori è un processo dell’autoeducazione, dove un bambino osserva e esplora un ambiente liberamente, per scegliere le esperienze che rispondono al meglio ai suoi bisogni in questa fase di sviluppo.
L’insegnante lo accompagna nelle scoperte, affinché il bambino interiorizzi il materiale e lo abbandoni spontaneamente quando è il momento di passare ad altro.

Questo metodo permette a un bambino di lavorare attivamente, di auto valutare e intervenire nella pianificazione del proprio percorso educativo.

Il bambino ne trae immenso appagamento e soddisfazione. Chi lo ha provato dice che il bambino diventa sereno, disciplinato e fiducioso in se stesso. Va volentieri a scuola e mostra tanto entusiasmo e curiosità nell'apprendere cose nuove, non solo a scuola ma anche nella vita adulta.

Autonomia a casa

E cosa possiamo fare da soli a casa? Possiamo sempre dare più autonomia ai nostri figli, anche già molto presto nella loro vita.

I bambini vogliono fare da soli e vogliono imitarci nei nostri compiti quotidiani. Lasciamoli fare.

Pulire per terra, apparecchiare il tavolo, buttare pannolini nel cestino di rifiuti, mettersi pantaloni da soli, mettere il bucato nella lavatrice, appendere un asciugamanino.

Non è mica schiavismo infantile ("si, dai, così io mi riposo sul divano mentre loro lavorano").

Anzi, a dirla tutta, richiede molta più attenzione e sforzo da parte di genitori, che devono spiegare, sorvegliare e correggere le azioni del bambino. Per apparecchiare la tavola ci vorrà mezz’ora, anziché 5 minuti, ma che soddisfazione, che sentimento di potere e di essere utile regaliamo al nostro figlio!

Questa autonomia nel fare e scegliere già dai piccoli diventerà un abitudine e una base per il loro futuro come adulti che sanno pensare per sé, sanno cosa vogliono fare nella vita e sanno ottenere i loro obbiettivi.

Piccolo esercizio a casa per i genitori

Facciamo un esperimento, allora.

Diciamo ai nostri figli, ma anche a noi stessi: "Se non dovessi fare niente ora, cosa faresti?"  E osserviamo cosa succede per capire che interessi e doti appaiano, che curiosità si mostrano, che motivazioni spuntano.

Diamo più spazio alla nostra curiosità.

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Scritto da Manolo Macchetta

Affascinato dalle potenzialità del cervello rimane folgorato dall'uscita di MEMO, nel 1992. Soltando 10 anni dopo inizia però a studiare altre discipline. Nel 2008 apre il suo blog di Content Curation, Cocooa.com e poco dopo anche il portale per sport di lotta e MMA Grappling-italia.com

Scopri tutti gli articoli scritti da manolo su cocooa.com , Grappling-italia.com, TantraMarketing.it ,

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